Hyrcane, Eg. IV 22
Grecismo e hapax nel lat. dantesco. Denominale dal sost. Hyrcania (cfr. OLD s.v. Hyrcanius e Hyrcanus), regione a sud-est del Mar Caspio. Il termine trae origine dal greco Ὑρκανός (denominale da Ὑρκανία), già accompagnato dall’allografo Ὑρκάνιος, ed è att. nel lat. class., tardoant. e mediev. nella forma Hyrcan(i)us secondo una corretta traslitterazione greco-latina; compare nel lat. mediev. la variante grafica Hircanus, ma molto raramente e quasi sempre a riguardo dei sost. Hircania, Hircanus e Hircani, nomi rispettivamente della regione, dei due re Ircano e Ircano II e del popolo. Questi tre sost. registrano numerose att. in ambito mediev., quando superano decisamente quelle dell’agg. per l’esplosione di opere di carattere storiografico (e infatti l’agg. non è registrato dai principali lessici medievali). L’agg. nella forma Hyrcanus è ampiamente attestato in età class. e tardoant., soprattutto in poesia, dove indica un luogo impervio e infestato da belve feroci per antonomasia, radicandosi quindi in questa accezione a partire dal modello virgiliano (vd. Corrispondenze). L’allografo Hyrcanius, meno frequente, come registra Balbi, compare maggiormente in opere geografiche e naturalistiche, con un’unica att. in poesia. Le due forme sono dunque percepite come allografe, e così sono registrate dai lessicografi (in Isidoro il lemma non è oggetto di una specifica trattazione lessicografica o etimologica, ma è richiamato in ambedue le forme Hyrcana e Hircanias), e utilizzate soprattutto in prosa (date le difficoltà prosodiche che il termine presenta nella poesia esametrica), come att. la convivenza di entrambe nella stessa opera De mundo di Apuleio (vd. Corrispondenze). Contestualmente alla decadenza dell’agg. in area mediev., si registra una decisa diminuzione soprattutto nell’utilizzo dell’allografo Hyrcanius, che compare solo in Bacone (vd. Prisciano in Corrispondenze).
In Eg. IV 22 la ripresa è dotta e di matrice classica, modellata su Verg. Aen. IV 367, con l’agg. in identica sede metrica. Al di là delle lievi varianti grafiche dei singoli testimoni, la tradizione manoscritta delle Eg. tramanda compattamente la forma Hyrcanie, inaccettabile a livello prosodico. Si è imposta dunque fin da Dionisi la congettura Hyrcanae, lezione messa a testo da tutti gli editori successivi (tranne Wicksteed-Gardner), poi stampata nella forma monottongata, in linea con le consuetudini grafiche mediev. (cfr. Pastore Stocchi Eg., p. 198, Albanese Eg., p. 1652, Petoletti Eg., p. 608).
L’agg. nella forma hyrcanus conobbe una nuova e ampia diffusione nella poesia lat. successiva a D.: si registra una sola volta nel XIV sec. con un’unica ma significativa ripresa in Boccaccio, Bucc. IX 66 («Hircanas tygres cursu superavit Opheltes»), ma è largamente utilizzato nei testi lirici del XV sec. (principalmente in contesti epici, ma anche in versi elegiaci e nelle tarde bucoliche del Cantalicio: vd. Poeti d’Italia). L’agg. non è più utilizzato in prosa, comparendo solo in Boccaccio (ad es. in De montibus, s.v. Cambises e Sideris e in De casibus 8, 17), che usa sempre la forma hyrcanus, e più tardi nell’Historia de duobus amantibus di Piccolomini.
In volg. l’agg. ircano non ha invece goduto di molta fortuna, comparendo solo una volta nel Trecento (Boccaccio, Teseida, 8, 26, 1 «Ma qual la leonessa negli ircani / boschi») e tre nel Quattrocento (Boiardo, Pastorale, I 28; Poliziano, Stanze, 1, 39, 3; Tebaldeo, Rime, 282, 66), tra cui si segnala il caso di Boiardo «Qual tigre ircane o qual aspide dire / potrian cum gli ochi asciuti riguardare / la orribil fiera sopra a noi fremire?», il quale, nella prima egloga delle Pastorale volgari che ha come interlocutori Titiro e Mopso (alias Tito Vespasiano Strozzi e lo stesso autore), richiama in uno stesso verso le «tigri ircane» e l’«aspide», che trova un parallelo nel coluber del verso dantesco di Eg. IV 23 «Caucason Hyrcane maculent quod sanguine tigres, / et Libies coluber quod squama verrat arenas».
Hyrcane] hyrcanie codd. (hircaniae O, hyrcaniae V), Hyrcaniae CIPI, Wicksteed-Gardner Eg., Lidònnici Eg., Hyrcanae con. Dionisi Eg., Hyrcan(a)e rell. edd.
poche att. per entrambi gli allografi. Per hyrcanus, Raterio, Invectiva de translatione sancti Metronis 8 hyrcanarum tygrium more catena in propatulo constrictus spectaculum (LLT); Pier Damiani, Ep. 57 mox inhumani rigidi et quos Hyrcanae genuerint tigres saxei iudicamur (MGH); Gualtiero di Châtillon, Alexandreis, 1, 49 Qualiter Hyrcanis si forte leunculus arvis / cornibus elatos videt ire ad pabula cervos (LLT); Tommaso d’Aquino, In Arist. meteor. 2, 1, 6 a quo mari [Rubri] omnino separata sunt mare Hyrcanum et Caspium (Corpus thomisticum). Per l’allografo hyrcanius, vd. Ruggero Bacone, Mathematicae in divinis utilitas, 1, 351 a septentrione habent […] portas Caspias, seu Hyrcanias, et terram Hyrcanorum (LLT); Ruggero Bacone, Mathematicae in divinis utilitas, 1, 364 Et est ibi civitas […] a qua versus orientem incipit Hyrcania super Hyrcanium mare (LLT).
Isid. Orig. XIV 3, 33: Hyrcania dicta a silva Hyrcana, quae Scythiae subiacet, habens ab oriente mare Caspium, a meride Armeniam, a septentrione Albaniam, ab occasu Iberiam. Est autem silvis aspera, copiosa inmanibus feris, tigribus pantherisque et pardis. De qua Vergilius (Aen. 4, 367): Hyrcanaeque admorunt ubera tigres; XIV 4, 4: gignit aves Hyrcanias, quarum pinnae nocte perlucent (Mirabile).
Uguccione, H 49 (s.v. Hyrcania): hec Hyrcania -e, quedam silva que subiacet Scitie, unde hec Hyrcania -e dicitur quedam regio illi adiacens; et hinc hyrcanus -a -um et hyrcanius -a -um (DaMA).
Balbi (s.v. Hircania): Hircania, -nie, dicitur quedam silva que subiacet Scitie, unde hec Hircania, -nie, dicitur quedam regio illi adiacens, et hinc hircanus, na, num, principaliter proditur, et hircanius, a, um (Mirabile).